
Probabilmente dedicare un giorno dell’anno al genere femminile, risulterà sempre uno smacco alla par condicio per taluni uomini. Per altri, invece (e mi auguro siano la rappresentanza più numerosa), l’8 marzo continuerà a simboleggiare un meritato riconoscimento per quella fazione del genere umano che, a torto o ragione, è portatrice di caratteristiche così splendidamente peculiari, che necessitano un trattamento di riguardo.
La donna, si sa, ha da sempre voluto anteporre l’emotività al ragionamento razionale, facendosi carico, impavidamente, di una serie di fragilità che la espongono a innumerevoli rischi.
Proprio in nome di questa fragilità, le donne si trasformano, sempre più spesso e sempre più tragicamente, in vittime di atroci violenze. E quasi sempre, il carnefice di una donna, è proprio la persona alla quale quest’ultima ha votato i propri sentimenti. Altre volte, invece, si tratta di criminali perfettamente sconosciuti, che si arrogano il diritto di maltrattarla e umiliarla, sol perché, essendo donna, spesso è carente di quell’istinto di difesa personale che la rende una preda facile da braccare.
Ma la forza di una donna, in realtà, è più forte della detonazione di una bomba a idrogeno: una donna si rialza, disinfetta i suoi graffi, si mette a posto il trucco, ritorna ad amare, e mette al mondo altre donne e altri uomini, dando loro la possibilità di scegliere che persone diventare.
Una donna dispensa scelte, bivi, opportunità di divenire.
Praticarle qualsivoglia forma di violenza, è un abominio che infanga l’umanità intera ogni volta che si ripete.
Tra le mura domestiche, per strada, in un ufficio, nelle fabbriche, al bar, in qualunque posto incontriate una donna, provate a ricordare che proprio grazie ad una di loro riuscite a buttare ossigeno nei polmoni, e invece di farla sentire sbagliata, debole o sporca, provate piuttosto a ringraziarla.
Non siate vigliacchi! Le mani usatele solo per accarezzarle.
Ogni singolo giorno dell’anno.
Oggi, un po’ di più.